In termini linguistici, la Cina ha prodotto una vera e propria rivoluzione. Sto parlando del Nüshu (女书), un sistema composto da 600 a 700 caratteri, praticato nella contea di Jiangyong, nella provincia rurale di Hunan.
Con questa "scrittura in codice" scoperta solo negli anni '80, il gentil sesso ha potuto per secoli condividere pensieri intimi e idee rivoluzionarie in tutta sicurezza, muovendosi all’interno in una società per molti versi ancora analfabeta e dominata dal patriarcato.
Il Nüshu si sviluppa, infatti, in una regione prettamente montuosa, marcata dalle numerosissime risaie, ben lontana dalle grandi città evolute e sognanti. Utilizzato dalle donne appartenenti alle etnie Han, Yao e Miao, questo sistema linguistico era inizialmente denominato scrittura a zanzara, a causa della sua forma un po' allungata e obliqua.
Secondo alcuni ricercatori, il Nüshu può essere fatto risalire alla dinastia Song (960-1279), per altri addirittura alla dinastia Shang, dunque a più di 3000 anni fa.
Le regole di questo innovativo sistema linguistico venivano trasmesse di madre in figlia e poi praticate tra amiche, vicine di casa e sorelle, all'interno di in una società feudale in cui le donne non avevano accesso a nessun tipo di istruzione. Lo si imparava pertanto con grande disciplina e rigore, copiando pazientemente i suoi strani caratteri uno ad uno... e lontano dagli sguardi indiscreti degli uomini!
Insieme al Nüshu, nasceva così una vera e propria sub-cultura tutta femminile, dall’identità ben specifica e distinta, che ha potuto sopravvivere fino ai giorni nostri.
Questa scrittura fonetica, leggibile da destra a sinistra, deriva in realtà da quattro dialetti del Jiangyong rurale. Ogni simbolo rappresenta una sillaba, scritta usando bastoncini di bambù intinti nell’inchiostro.
Scrivere per esprimersi
Nel villaggio di Shangjiangxu, le ragazze utilizzavano il Nüshu per scambiarsi regali e gesti di affetto amichevole, ad esempio decorando ventagli con la calligrafia o ricamando sui fazzoletti qualche parola di buon auspicio.
Allo stesso tempo, il Nüshu poteva accompagnare anche delle occasioni più formali: le donne della regione, ad esempio, erano solite suggellare per iscritto la loro relazione di "migliori amiche", o "sorelle giurate", specie nel caso in cui non fossero legate da vincoli di sangue o parentela.
Queste compagne di avventura - che potevano essere più o meno giovani - si promettevano così amicizia e fedeltà eterna, scrivendosi lettere e cantandosi filastrocche l'una con l'altra, facendo dell'uso del Nüshu un rituale di sorellanza intima e segreta.
Non a caso, la maggior parte dei ricercatori considera questa scrittura un linguaggio in codice, ben funzionale, usato dalle donne principalmente per comunicare discretamente il proprio dolore. In effetti, c'è da dire che, storicamente, non era socialmente accettabile per le donne cinesi parlare apertamente dei propri rimpianti personali o delle difficoltà della vita contadina, esternando sentimenti di tristezza e dolore.
Il Nüshu – tramite il potere di guarigione della parola, della scrittura e della poesia - ha così permesso alle donne di far fronte ai loro problemi domestici, sociali e esistenziali, aiutandole a tessere legami con amiche e "sorelle" dei villaggi vicini, nonostante le numerose interdizioni.
A scuola di Nüshu
Per salvaguardare quest’antica e preziosa conoscenza, agli inizi degli anni 2000 è stata anche inaugurata la prima scuola di Nüshu, proprio sull'isola di Puwei, accessibile solo tramite un piccolo ponte sospeso...
In questa scuola gli studenti imparano a leggere, scrivere, cantare e ricamare il Nüshu, mentre i "non addetti ai lavori" possono curiosare all'interno del museo dedicato a questa tradizione, inaugurato nel 2007.
Ironia della sorte, gran parte di ciò che è stato scoperto sul Nüshu e che oggi si tramanda ancora lo si deve al lavoro di un uomo, Zhou Shuoyi. Le sue ricerche su questo "manufatto" del passato feudale cinese sono state condotte sul campo per ben 21 anni, proprio durante Rivoluzione Culturale di Mao.
Nel 2006, il Nushu è stato così inserito nell'elenco del patrimonio culturale immateriale nazionale dal Consiglio di Stato cinese.
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